lunedì 7 luglio 2014

IL BILANCIO A QUASI 10 ANNI DALL’ENTRATA IN VIGORE DELL’EURO - di Nando Ioppolo

“Io sono giunto alla conclusione che tutto ciò che di economia mi è stato insegnato alla università dagli esperti della materia si è rivelato totalmente falso!” (F.D.Roosvelt a sir Halifax, 10.08.1941)

E’ molto negativo per il 98% abbondante della popolazione dei vari stati preunitari.
Tutte le speranze che erano state riposte sull’euro sono rimaste infatti disattese. Andiamo punto per punto:


1)il futuro a breve realisticamente sperabile per i giovani è progressivamente peggiorato, così come il degrado sociale in genere e le condizioni generali del mercato del lavoro. La precarizzazione e la disoccupazione sono infatti costantemente cresciute e sia l’impoverimento che l’indebitamento si sono diffusi socialmente sempre di più.

2)nel contempo, la maggior parte delle attività mercantili è diventata sempre meno redditizia e una quota consistente ha raggiunto la soglia della anti-economicità, trascinando alla decozione moltissime piccole e medie imprese, specie a conduzione individuale e familiare.

3)l’inflazione rilevata ufficialmente dagli istituti nazionali di statistica (in Italia l’ISTAT) è intanto calata progressivamente sino a stabilizzarsi intorno al 2% fissato a Maastricht.

4)il potere di acquisto delle retribuzioni e delle pensioni, così come la qualità e quantità dei servizi pubblici, sono tuttavia calati costantemente e mentre il PIL, ricalcolato al tasso di inflazione ufficiale, è blandamente cresciuto, al suo interno la sua componente “reale”, e non solo “nominale”, è comunque calata continuamente.

5)la produttività del lavoro è diminuita a causa del progressivo sottoutilizzo degli impianti esistenti, pur a fronte di un costo del lavoro calante e di un progresso tecnico-scientifico costantemente crescente.

6)il saldo Export-Import dei vari paesi preunitari non è affatto migliorato sia a causa dell’euro troppo “forte” che a causa della invincibile concorrenza “sleale” delle multinazionali delocalizzate.

7)il rapporto tra il debito pubblico ed il PIL non è diminuito, mentre è aumentato progressivamente l’indebitamento delle famiglie e delle imprese.

8)il numero degli sportelli bancari è stranamente aumentato incessantemente e la crisi non ha penalizzato la generalità delle attività bancarie, assicurative e finanziarie.

9)dopo la crisi della new economy e quella delle due torri, i mercati borsistici non hanno raggiunto nessuna condizione di stabile e costante crescita come promesso dai sostenitori dell’iperliberismo e dell’euro “forte”, ma hanno registrato una crescita preoccupante della componente squisitamente speculativa, oscillazioni delle quotazioni delle commodities (v. petrolio e cereali) eccessive e totalmente svincolate dall’andamento della economia “reale”, e negli ultimi due anni abbiamo perfino rischiato il crack dell’intera architettura creditizio-finanziaria mondiale.

I guai erano in realtà cominciati già a Maastricht, nel ’92, quando vennero fissati parametri di “rigore finanziario” pesantissimi per tutti (inflazione entro il 2%, rapporto debito pubblico/PIL entro il 60% e deficit/PIL entro il 3%). Per alcuni paesi quali l’Italia e il Belgio, poi, che avevano un rapporto debito/PIL, rispettivamente, del 118% e del 130%, erano parametri sfacciatamente irrealistici.

La filosofia pseudo-liberista che sorreggeva queste scelte sosteneva, innanzitutto, che l’inflazione fosse il pericolo numero uno dell’economia e, nel contempo, che le frontiere valutarie della UE andavano lasciate completamente aperte a qualsiasi transazione monetaria, fosse anche solo speculativa. Data queste premesse, sosteneva che l’inflazione fosse contenibile solo con il rigore finanziario e la deflazione, ovvero tagliando retribuzioni e welfare, e che allo stesso modo si potesse e dovesse contrarre il rapporto debito/PIL. In tal modo si sarebbero attratti verso la EU Capitali da tutto il mondo, facendo scendere il saggio di interesse e facendo rafforzare l’euro. Di conseguenza, da un lato, sarebbe diminuito pure il costo degli Investimenti a credito, e, dall’altro, il costo delle Importazioni “necessarie”. Questa maggiore competitività conseguita sul fronte dei costi di produzione avrebbe pure migliorato il saldo Export-Import nello stesso momento in cui sarebbe cresciuto anche l’indice di borsa in tutte le borse europee ed il risultato finale sarebbe stata una crescita continua della base produttiva senza inflazione. Ai lavoratori, ai pensionati e agli utenti dei servizi sociali si chiedeva pertanto di mettere da parte nell’immediato i propri miopi egoismi in vista degli indubbi benefici di cui tutti avrebbero fruito in un secondo tempo, quando lo sviluppo senza inflazione avrebbe prodotto i suoi frutti. Nella misura in cui anche le organizzazioni di massa dei dominati hanno condiviso questo Pensiero e questo progetto, si sono pertanto impegnate con lealtà (verso i dominanti) per contenere le rivendicazioni della propria base sociale, in nome del “supremo interesse della nazione”. La quasi totalità degli intellettuali organici dei dominati ha creduto ingenuamente a tutto ciò che leggeva nei sulla stampa e sentiva ripetere alla TV e confermare dai propri rappresentanti politici.

Ecco come e perché la politica è rimasta confinata nel solo ambito consentito, ovvero quello dei temi civili quali il matrimonio e le adozioni gay, la bioetica, la liberalizzazione o meno delle droghe, la politica criminale, e simili. E, contemporaneamente, ecco come e perché è progressivamente maturato uno scollamento tra politici e corpo elettorale. Perché nessuno riusciva a trovare un partito che rappresentasse i suoi interessi in modo chiaro e diretto ed era costretto a indovinare, dietro formule ambigue e civili, quali forze politiche avrebbero meno devastato la sua vita economica e sociale in un contesto in cui niente era chiaro e definito e veniva negata persino la realtà della crisi. Quest’ultima, anzi, è stata la vigliaccata politica peggiore pensabile, ovvero la solita! Negare i ricordi, le sensazioni e la realtà percepita è infatti schizogeno, la massima violenza possibile dopo la violenza fisica:

Per più di 10 anni si è detto alla gente che non era vero che stipendi, pensioni, spesa pubblica e PIL “reali” calavano. Meno che mai che calavano al ritmo del 3% composto all’anno, tanto quale era il differenziale di inflazione ufficialmente non rilevato, insistendo bensì sul loro aumento nominale, che sarebbe stato pari al tasso di inflazione “programmato”. Poi si è cominciato ad ammettere che è sì calato il potere di acquisto, ma che … è stata colpa dell’euro per cui, oramai, non ci sarebbe stato più nulla da fare. Ed oggi si aggiunge che è colpa della crisi internazionale se stiamo tutti male! Una crisi che sarebbe stata causata dai mutuatari USA cui con troppa leggerezza venne concesso il mutuo-casa e che stavano travolgendo l’intera architettura creditizio-finanziaria mondiale. Fortunatamente, però, i nostri governanti avrebbero scongiurato la fine della civiltà occidentale spendendo senza esitazioni decine di volte di più rispetto a quanto non si trovava mai per finanziare la riforma sanitaria per cui Obama era stato eletto. Nessuna paura, però, poiché anche se disoccupazione, precariato e pauperismo affliggono sempre più i dominati, tra cui affluiscono sempre più componenti dei ceti mercantili e dei ceti medi, la crisi starebbe per finire in quanto già si vedono i segni annunciatori della ripresa e quando si stabilizzeranno i mercati finanziari finalmente tutto riprenderà a gonfiavele!

Dov’erano gli intellettuali organici dei dominati tra il ’92 e il 2001? Dove si sono cacciati dal 2001 ad oggi? Come hanno fatto a non denunciare subito che un paese come l’Italia, con un debito pubblico intorno ai £ 3.000.000 Mld e un PIL intorno ai 2.500.000, si stava impegnando a contenere entro i 75.000 Mld il ricorso all’ulteriore indebitamento, il che, con interessi passivi annui sul debito pregresso intorno ai 150.000 Mld, comportava tagli annui di bilancio intorno ai 75.000 Mld già solo per restare nel 3% con il deficit? Perché non hanno denunciato che per ridurre al 60% il rapporto debito/PIL sarebbero occorsi ulteriori tagli complessivi intorno a £ 1.750.000 Mld, che, spalmati in 5 anni, comportavano tagli annui intorno a 375.000, in 10 anni intorno a 190.000 e in 20 anni intorno a 100.000?

Forse che l’unità d’Italia non si sarebbe fatta perché il debito pubblico del granducato di toscana e del regno delle due sicilie non era allineato a quello del piemonte o del lombardo-veneto? Forse non si è fatta l’unificazione tedesca nonostante i numeri fossero ancora peggiori? Come si faceva a chiedere di adempiere simili assurdità, come si faceva ad accettare di adempierle e come si è fatto dopo a fingere di credere che fossero state davvero adempiute?

Del resto, quanto fossero insincere queste richieste e quanto lo fosse stata la sottoscrizione da parte dei nostri rappresentanti degli accordi di Maastricht, poi ribaditi con il patto di stabilità, lo dimostrano, da un lato, l’ammissione dell’Italia nell’area dell’euro nonostante nel 2001 non rispettasse nessuno dei tre parametri, e, poco dopo, la “concessione” di rispettarne almeno due su tre per restare nell’euro. Com’è evidente dal solo raffronto dei numeri, negli anni successivi non siamo riusciti nemmeno in questo, ma nonostante ciò non siamo stati cacciati via! Il parametro relativo all’inflazione l’abbiamo infatti rispettato semplicemente mentendo spudoratamente sul tasso effettivo di inflazione rilevato ufficialmente (2%, 2,5%, invece dell’effettivo 5%, 6%) per farlo coincidere con il tasso di inflazione “programmata”. Di conseguenza, abbiamo maggiorato gli stanziamenti di bilancio nei limiti del 2% annuo, e lo stesso abbiamo fatto con le retribuzioni e le pensioni, lasciandoli falcidiare tutti e tre dal differenziale tra l’inflazione effettiva e quella ufficiale, ovvero del 3% composto all’anno sino ad oggi … dimezzandoli! Passi il primo anno. Passi il secondo anno. Cosa significa invece avere insistito nel mentire per dodici anni consecutivi e cosa significherà continuare a mentire per chissà quanti anni ancora? A questo stesso tasso di inflazione non rilevata ufficialmente, infatti, significa dimezzare il PIL “reale” ogni 10 anni mentre il peso degli interessi sul debito pubblico pregresso resta invariato e il gettito fiscale cala al ritmo del 40% circa della diminuzione del PIL!

Come si spiega allora una così gigantesca insipienza? O il fatto che l’insistenza nell’errore non abbia penalizzato in parti uguali le varie parti sociali ma solo il Profitto e il Salario in favore della Rendita e dei trust finanziarizzati si spiegherebbe meglio con una sorta di “cecità selettiva”? E’ ben comprensibile, infatti, che non si colga velocemente ciò che cogliendolo delegittimerebbe il proprio potere sociale e la propria egemonia culturale armando l’opposizione sociale contro la deflazione recessiva, il rigore finanziario, la deregulation valutaria e il favore fiscale verso la Rendita. E lo è ancora di più se nello stesso momento arma le istanze per una espansione keynesiana in regime di inflazione “calmierata” con l’anti-trust, di indicizzazione integrale di retribuzioni, pensioni e spesa pubblica, di nazionalizzazione della Moneta creditizia e di introduzione di adeguate difese antispeculazione valutarie e borsistiche, e, infine, di svalutazione progressiva dell’euro in armonia con l’eventuale differenziale residuo di inflazione!

E se nessuno ne parla è semplicemente perché nessuno lo pensa! Per pensarlo, infatti, dovrebbe ribaltare nel suo esatto contrario tutta la modellizzazione economica oggi egemone nelle università, nei media e presso i politici di tutto il mondo (il così detto Pensiero Unico in economia) e immaginare la riforma democratica sia dell’intera attuale architettura creditizio-finanziaria che della struttura oligopolistica del mercato, in totale dispregio degli interessi materiali e ideologici della sezione apicale del blocco sociale dominante delle attuali società a capitalismo “maturo”! Dovrebbe concepire, cioè, il completamento della rivoluzione borghese iniziata più di 200 anni fa, in danno della elite “feudale” creditizio-finanziaria che governa il mondo.

Rimandando il lettore curioso e paziente ai tanti altri più puntuali scritti tecnici in cui ho esposto in modo più esplicativo ed esauriente l’assoluta inconsistenza scientifica del Pensiero Unico, e rimandando al prosieguo del presente scritto il lettore più impaziente e cui basta nell’immediato una sintesi minimale di controinformazione economica, mi limito adesso a sottolineare che:

1)è mancato nel modo più assoluto il minimo dibattito intorno ai parametri di Maastricht, che sono stati approvati per noi dai nostri rappresentanti senza che né loro né noi avessimo capito un bel nulla di cosa si firmava.

2)nessuna forza politica ha mai messo in discussione il modello pseudo-liberista del P.U e meno che mai ha saputo proporre uno straccettino di proposta politico-economica alternativa.

3)nessuna forza politica, nemmeno le opposizioni più estreme, ha finora denunciato la brutale contrazione subita delle retribuzioni e dalle pensioni, la quasi totale scomparsa del Risparmio popolare, la raddoppiata esposizione debitoria delle famiglie, la devastante recessione in atto, la progressiva anti-economicità subita delle attività mercantili e, all’incontrario, la strana prosperità di cui hanno invece godute le attività creditizio-finanziarie. Meno che mai mettendo queste concomitanze in relazione con la sottostima ufficiale dell’inflazione e/o con le ricette deflattivo-recessive suggerite/imposte dagli accordi di Maastricht.

4)nessuno ha ancora denunciato la assoluta inutilità economica dei provvedimenti sul precariato, come i fatti hanno ormai ampiamente dimostrato a distanza di dieci anni dalla loro introduzione, o la palese illusorietà di ogni competitività “stracciona” che possa essere conseguita intervenendo sul costo del lavoro, a fronte della concorrenza “sleale” delle multinazionali delocalizzate nel terzo mondo, dove producono sottocosto con salari di fame, senza welfare e senza la minima tutela anti-infortuni e anti-inquinamento per poi riesportare al nord il 95% della Offerta così prodotta.

5)nessuno, tranne la Linke tedesca (proprio per questo oggi nei sondaggi al 14%), ha osato affermare puramente e semplicemente che il contratto sociale che dalla fine della guerra sorregge le socialdemocrazie occidentali consiste in un bilanciamento ben preciso: casa, salute e lavoro ai dominati in cambio dei Profitti e delle Rendite dei dominanti. Ne discende che solo se i dominanti riescono ad assicurare ai dominati retribuzioni e pensioni dignitose e un sufficiente welfare possono legittimare i propri redditi, che, altrimenti, sono solo e soltanto degli ingiustificabili privilegi. Ed il colmo è che i dominati dovrebbero accettare nell’immediato la compressione certa della quota di prodotto sociale loro destinata, oltretutto accrescendo in proporzione quella dei dominanti, in vista di un incerto futuro solo promesso e fino ad oggi mai visto, nel quale la ricchezza comune crescerebbe proprio grazie ai sacrifici imposti ai dominati! Tacendo, oltretutto, del “lodevole” proposito di fondare questa crescita sulla Esportazione nei paesi “fratelli”, insieme alle proprie merci ed ai propri servizi, anche di tanta disoccupazione e di tanti fallimenti quanti ne implica la mancata produzione nazionale che si va a soppiantare con quella maggiore Esportazione.

6)tutti hanno detto che la crisi borsistica che ha travolto con una esposizione di ben $ 1.000 Mld colossi come la Lehman Bros. minacciando di disintegrare l’intera architettura creditizio-finanziaria planetaria (per evitare la quale è stato varato un piano Poulson da $ 700 Mld ed è stata ufficialmente immessa liquidità sul mercato per circa $ 1.000 Mld), è stata causata dalla violazione di non meglio precisate “regole” da parte di non mai individuati soggetti. Nel contempo si è lasciato intendere che la responsabilità maggiore l’avrebbero tuttavia avuta i troppi mutui poco garantiti che sono stati concessi negli USA. Peccato, però, che nessuno ha detto quali sarebbero state le regole violate e quali regole dovrebbero essere altrimenti introdotte per evitare il ripetersi del crack e che molti hanno sostenuto che non c’è nessuna regola da cambiare perchè le regole esistenti andrebbero benissimo così come sono e nuove regole soffocherebbero soltanto il “libero” mercato sino a negarlo. Peccato, soprattutto, che se le regole esistenti non vanno cambiate, ciò vuol dire che allora la crisi dei subprime è stata una crisi “fisiologica” cui seguiranno tante altre crisi “fisiologiche”, fino al più devastante dei crack “fisiologici” pensabili! E peccato pure che la crisi dei subprime non è stata in realtà la crisi dei pochi mutui-casa rimasti impagati, bensì la crisi dei … derivati speculativi sul petrolio e dei derivati speculativi sulla … ipercartolarizzazione “allo scoperto” dei subprime! Come infatti avrebbero mai potuto $ 4-5 Mld di “buco” dei mutui-casa diventare un “buco” di migliaia e migliaia di miliardi di dollari se le regole fossero state adeguate? E’ evidente che ci troviamo di fronte a un mondo composto da persone che mentono senza ritegno per difendere sé stesse e per difendere quelle “regole” che se venissero cambiate dovrebbero cambiare lavoro! Chi ci spiegava come e perché nello stesso momento in cui i subprime sembravano mettere in ginocchio il pianeta, il petrolio saliva inesorabilmente sino 150 al barile per poi crollare rapidamente fino a 30 e risalire lentamente fino a 70? Questo qualcuno avrebbe dovuto dirci che a fronte di una Domanda internazionale di petrolio che si era più che dimezzata negli ultimi 15 anni, per ogni barile “fisico” di petrolio che passava di mano, nel 2006 ben 1250 ne venivano scambiati di “virtuali” sotto forma di derivati speculativi sul petrolio, e ben 100.000 nel 2008! Avrebbe dovuto pure dirci che per ogni dollaro che passa di mano per ragioni “fisiche” ben 100 ne passano di mano per transazioni finanziarie e che i derivati speculativi in circolazione hanno ormai superato tra 13 e 20 volte il PIL-mondo (tra $ 650.000 e 1.000.000 Mld, contro 50.000)! Meno che mai ci è stato detto che per ogni banca debitrice in forza dei derivati per lei “perdenti” in suo possesso, c’era un’altra banca che era creditrice verso la prima proprio in ragione di quegli stessi derivati che per lei erano necessariamente “vincenti”, né, ancora, che le une e le altre facevano parte del medesimo “club” consociato nella Federal Reserve, per cui si trattava soltanto di un banalissimo fallimento intergruppo. Come tutti i fallimenti intergruppo, pertanto, sarebbe stato facilmente evitato a monte bilanciando preventivamente e periodicamente i vincenti coi perdenti e a valle … annullandoli!

Il lettore, smarrito da tante contraddizioni si convinca finalmente che, puramente e semplicemente, il costrutto del Pensiero Unico poggia sul nulla: un cumulo esagerato di reticenze, falsificazioni e ragionamenti senza né capo né coda che sembra filare solo perché ogni affermazione si giustifica rimandando ad altre affermazioni che si giustificano anch’esse rimandando ad altre ancora, e così via all’infinito, ma che restano in piedi solo finchè non ci si prende la briga di verificarle per bene una per una. Un garbuglio di relazioni pseudo logiche tuttavia talmente intricato che è difficile venirne a capo da soli, specialmente nel momento in cui è universalmente avvalorato dalla scienza ufficiale, costantemente veicolato dai media, unanimemente ritenuto dai politici di ogni estrazione e perfino in buona parte apparentemente rispondente al senso comune.

E’ così che sembra plausibile che si possano promuovere gli Investimenti abbassando i costi di produzione mentre quando calano gli sbocchi profittevoli di mercato gli Investimenti non aumentano nemmeno se i soldi per farli vengono regalati. Che quando sale il prezzo al mq degli immobili o l’indice di borsa siamo tutti più ricchi di prima, mentre non aumentando parallelamente la qualità degli immobili e la ricchezza “reale” che i titoli rappresentano non aumenta nessuna ricchezza comune, ma si redistribuisce soltanto la stessa ricchezza di prima a favore dei detentori dei cespiti immobiliari e mobiliari inflazionati dalla speculazione. Che l’euro “forte” conviene perché rende meno care le Importazioni “necessarie”, quando nel contempo rende invece meno care anche le Importazioni “non necessarie” e rincara tutte le Esportazioni. Che la scala mobile sia fattore di inflazione, quando equivale a dire che è l’apertura degli ombrelli che fa piovere. Che lo sviluppo interno va promosso Esportando di più, quando è impossibile un sistema-mondo in cui tutti vogliono Esportare sempre di più di quanto Importano. Che l’inflazione si contrasta contraendo la Domanda, quando tutti dovrebbero sapere che se quando aumenta la Domanda aumenta altrettanto anche l’Offerta il prezzo non può che restare invariato e che nella stagflation i prezzi aumentano nonostante la Domanda stia calando. Che $ 1.700 Mld per le banche e 400 Mld per l’invasione dell’Iraq si trovano all’istante e non fanno inflazione mentre 50 Mld per la riforma sanitaria di Obama o 5 Mld per aiutare i mutuatari dei subprime a pagare le rate arretrate non si trovano mai e farebbero comunque inflazione, ecc.

Vediamo allora di mettere un po’ di ordine nel garbuglio del Pensiero Unico. In sintesi estrema, ma con ordine:

1)volere Esportare più di quanto si Importa vuol dire Esportare, insieme ai propri beni e ai propri servizi, anche tanta disoccupazione e tanti fallimenti quanti ne comporta la mancata produzione nazionale che si soppianta con le proprie Esportazioni.

2)Non basta tagliare del 90% retribuzioni e welfare per acquisire abbastanza concorrenza “stracciona” da riuscire a battere la concorrenza “sleale” delle multinazionali delocalizzate in aree dove producono sottocosto grazie al massimo dispregio della natura e dell’uomo.

3)gli accordi di cartello rendono gli Export-Import quasi del tutto insensibili sia alle varie inflazioni interne che alle variazioni del cambio delle rispettive aree valutarie.

4)l’inflazione è sempre provocata e gestita volontariamente: senza creare l’asta tra i compratori, infatti, il prezzo non può salire! Nelle fasi espansive, sono i trust che sottoproducono scientificamente a fine di extraprofitto allo stesso modo di come opera l’ingrosso agroalimentare quando distrugge le derrate “in eccesso” dal punto di vista dei suoi extraprofitti.

5)nelle fasi di stagnazione/recessione (“stagflation”) sono sempre i trust a fare salire i prezzi contraendo l’Offerta più ancora di quanto la Domanda non stia calando di suo. Se non ce ne accorgiamo è solo perché distruggere è più evidente di sotto-produrre.

6)svalutando l’euro in misura pari al differenziale di inflazione esistente rispetto alle altre aree valutarie si mantiene inalterata la competitività relativa delle imprese nazionali ed estere in presenza di inflazioni interne diverse. Vanno dunque reintrodotti i controlli valutari antispeculazione vigenti da Bretton Woods sino agli anni ’80.

7)Nessuno Investe o Occupa di più solo perché costa di meno farlo se non è profittevolmente collocabile sul mercato quella maggiore Offerta che si va a produrre con quei pur meno cari Investimenti e Occupati aggiuntivi.

8)statistiche alla mano, non c’è nessuna ”fame endemica” di Capitali poichè i Risparmi che residuano alla fine di ogni ciclo sono pari a circa il 20% del PIL, mentre gli Investimenti produttivi mediamente necessari per produrre l’Offerta che soddisfa la Domanda che dà vita al ciclo successivo sono di media appena il 3-5% del PIL. Tagliare la Domanda interna per attrarre altri Capitali dall’esterno allarga dunque questa “forbice” tra i Risparmi e gli Investimenti produttivi ostacolando ulteriormente la “chiusura” del circolo (il c.d. “circolo Denaro-Merce-Denaro”). Perché il ciclo possa riprodursi ogni volta uguale a sé stesso, infatti, la Domanda all’inizio di ogni nuovo ciclo dovrebbe essere pari a quella che aveva dato vita al ciclo precedente, mentre, per aversi espansione, dovrebbe essere addirittura maggiore. Il sistema impanderà dunque al ritmo del 16% circa ad ogni ciclo se non si reperisce una Domanda, “esterna” al sistema, che “copra” questo gap (v. n. 19).

9)La Banca d’Italia non è un ente pubblico, ma, dal 1994, una privatissima spa il cui pacchetto di comando è detenuto dalle stesse grosse banche private che dovrebbe controllare (Unicredit e Intesa ne posseggono il 66%). Anche la Banca Centrale Europea è una privatissima spa e la Federal Reserve è un consorzio privato fondato nel 1913 dalle più grosse banche private USA.

10)BCE e Fed vendono gli euro e i dollari agli stati al loro valore nominale anziché al costo di fabbricazione (3 cent., per le banconote, e zero per gli euro e i dollari elettronici), e gli stati glieli comprano anziché costruirseli da sé a costo zero! (“signoraggio primario”)

11)Basilea2 fissa alle banche della eurozona una “riserva frazionaria” del 2% rispetto ai loro assets, consentendo loro, con ciò, di prestare pure denaro che non esiste nelle loro casse, purchè questa Moneta creditizia elettronica creata dal nulla venga contenuta entro 49 volte i loro assets, in quanto 49+1=50 e il 2% di 50=1!

12)il “reflusso bancario” consiste nell’artificio contabile consentito da una convenzione internazionale universalmente accettata per cui le banche private possono poi trattenere esentasse tra i propri assets, alla restituzione, come se fosse stato loro fin dall’inizio, anche il denaro che esse creano elettronicamente dal nulla al momento del prestito grazie alla riserva frazionaria, anziché nullificarlo o consegnarlo al Tesoro! Né si nullifica, del resto, la Moneta creditizia che le banche private prestano alle proprie consociate/protette cui rinnovano all’infinito i prestiti ad ogni scadenza (“signoraggio creditizio o secondario”).

13)la maggior parte dei titoli movimentati dentro e fuori le borse è priva di ogni base “reale” o è perfino “autoreferente”, com’è ad esempio per i “derivati” speculativi. Una “bolla” all’interno della quale per ogni barile “fisico” di petrolio che viene scambiato, ben 1.250 ne passavano di mano nel 2006 di “virtuali” e addirittura 100.000 nel 2008, ed a fronte di un PIL-mondo sui $ 50.000 Mld si registra un giro dei derivati che ha ormai passato quota 1.000.000! (“signoraggio cartolare”)

14)la Moneta cartolare, unita alla Moneta circolante e a quella creditizia, forma un ammontare complessivo di Moneta “virtuale” quasi del tutto “allo scoperto” che si stima capace di comprare più di 50 volte l’intero pianeta terra, smentendo clamorosamente la ingenua pretesa che la Moneta stia in rigido rapporto 1 a 1 con i beni e i servizi che compra, pena l’iperinflazione.

15)solo una piccola parte dei bot è detenuta dai privati, in quanto oltre il 90% non vengono nemmeno stampati, ma semplicemente annotati elettronicamente nelle scritture dello stato ed in quelle delle banche presso cui vengono “collocati elettronicamente” scambiandoli con una Moneta creditizia che, come abbiamo già visto, è “allo scoperto”. Una posta solo “virtuale”, dunque, che quando le banche collocatarie sono pubbliche diventa perfino una “partita di giro”, venendo a coincidere la figura del creditore (le banche pubbliche) con quella del debitore (lo Stato).

16)è comunque ingenuo “tagliare” la spesa pubblica nella speranza di corrispondentemente rimborsare parte del debito pubblico pregresso e ridurre il suo rapporto con il PIL, poiché così si induce una contrazione del PIL (denominatore) che, essendo multipla rispetto al debito rimborsato (numeratore), aggrava il loro rapporto anziché ridurlo, nel contempo riducendo pure il gettito fiscale in ragione del 40% circa della contrazione del PIL così indotta!

17)Quando aumentano il prezzo al mq del mattone o l’indice di borsa senza che aumentino corrispondentemente la qualità degli immobili o la ricchezza “reale” che i titoli rappresentano, non aumenta affatto la ricchezza comune ma si verifica solo una inflazione speculativa dei cespiti immobiliari e mobiliari che permette ai loro detentori di comprare senza in realtà pagare davvero quantità maggiori della ricchezza che viene prodotta dal Salario e dal Profitto senza che la Rendita vi abbia partecipato, nel che è l’essenza del prelievo “feudale”.

18)aumentando gli stanziamenti per il welfare, le retribuzioni e le pensioni nominali nei limiti dell’inflazione “programmata” e sottostimando ufficialmente l’inflazione effettiva di circa 3 punti l’anno, nel giro di poco più di 10 anni si sono dimezzati retribuzioni, pensioni, welfare e PIL “reali”.

19)da tutto ciò concludiamo, dunque, che il capitalismo funziona in realtà solo grazie al sistematico finanziamento “allo scoperto” della Domanda interna che, a totale insaputa della opinione pubblica, viene operato con la Moneta “virtuale” privata (Moneta creditizia “allo scoperto” e “bolla” cartolare) e/o con il “deficit-spending” finanziato con i bot “collocati elettronicamente”, ovvero, in definitiva, con una “finanza allegra” che è mista di pubblico e privato. Questa è dunque la “pietra filosofale” che consente al capitalismo di ovviare al “sottoconsumo endemico” di cui soffre per effetto del “gap” ciclico esistente tra i Risparmi (20% PIL) e gli Investimenti produttivi (4% PIL). Il “deficit-spending” funziona così: se lo stato spende 100 con un maggiore debito pubblico di 100, rende così profittevole aumentare la produzione di 100 nel primo ciclo. Nel secondo ciclo, questo 100 aggiuntivo sarà Risparmiato per 20 e verrà speso in Consumi per 80 e per Investimenti produttivi per 4, promuovendo un maggiore Reddito di 84, che, nel terzo ciclo aumenterà dell’84% di 84, nel quarto ciclo dell’84% dell’84% di 84 e così via sino all’esaurimento del processo, provocando un aumento complessivo pari a 100 moltiplicato per l’inverso di 16/100, ovvero 625. Il 40% di questo 625, cioè 250, si trasformerà in gettito fiscale aggiuntivo e lo stato ripagherà 100 più, poniamo, 20 di interessi, rimanendogli ancora 130 per amplificare il processo espansivo. Se questo vale in concorrenza perfetta, in presenza di accordi di cartello lo “strozzo” praticato dai trust ad ogni aumento di Domanda sottrae al processo moltiplicatorio una quota maggiore di 1/6,25 e se questa quota dovesse essere prossima a 1/3 porterebbe il deficit-spending al suo limite di praticabilità: una spesa pubblica aggiuntiva di 100, infatti, promuoverebbe solo 300 di nuovo Reddito e le entrate tributarie aumenterebbero solo del 40% di 300, ovvero di appena 120, esattamente l’importo da restituire! L’ostacolo si rimuove di slancio ricorrendo alla “finanza allegra” e/o alla doppia contabilità, alterando i dati ufficiali del debito pubblico, “collocato” o meno che sia.

20)va dunque strappato al più presto dalle mani della elite “feudale” creditizio-finanziaria il controllo della Moneta virtuale creditizio-cartolare con cui compra senza pagare tutto e tutti nel mondo ed emancipa proditoriamente da ogni rischio di impresa i trust che sono integrati nel suo “club”, sottoponendo finalmente tutta la Moneta al controllo democratico onde finanziare con essa “allo scoperto” tutta la Domanda interna per Consumi pubblici e privati che serve per “chiudere/espandere” il circolo D-M-D, scegliendo altresì democraticamente quali, quanti e dove debbano essere i Consumi interni da così finanziare.

Ecco da dove deriva l’incredibile distacco che c’è oggi tra i termini del dibattito politico e quelli che dovrebbero essere i veri termini di questo dibattito. Ecco il perché del non senso delle polemiche tra gli schieramenti che si contendono l’elettorato. Credendo nel P.U. non è infatti possibile concepire nessuna ricetta di sviluppo e nessuna distribuzione sociale diverse da quelle implicite nello pseudo-modello chiamato “bassi salari+Esportazioni”. Nessuna rivendicazione sociale è possibile e nemmeno la riforma fiscale di un sistema tributario che tassa tra il 27 e il 40% retribuzioni e pensioni, tra il 40 e il 60% i redditi da impresa e … al 12% i redditi da Capitale!

Ed invece bisogna capire è ben possibile tecnicamente e politicamente un capitalismo riformato. Un capitalismo dove il prelievo feudale della Rendita viene ridotto al minimo, il Profitto mercantile e l’iniziativa privata vengono garantiti ed ai lavoratori vengono assicurati livelli di vita e di welfare degni di un mondo civile e moderno, nonchè crescenti in ragione del miglioramento della produttività del lavoro e con un orario di lavoro che decresce progressivamente nel tempo al decrescere del monte ore necessario per produrre il medesimo flusso di beni e servizi. Un capitalismo nel quale esiste il controllo democratico della Moneta circolante, creditizia e cartolare e nel quale viene scelto democraticamente tipo e quantità di Domanda da finanziare “allo scoperto” con quella Moneta onde “chiudere” il gap del circolo D-M-D provocato dalla forbice esistente (e che nel tempo si allarga progressivamente) tra i Risparmi di fine-ciclo e gli Investimenti produttivi di inizio-ciclo. Un capitalismo nel quale il corpo elettorale controlla attraverso lo stato che i prezzi vengano fissati con il metodo del “ricarico” e che impedisce la inflazione “volontaria” sia nelle fasi espansive che nelle fasi di stagnazione/recessione con le proprie imprese mercantili che operano in funzione anti-trust. Un capitalismo nel quale con una nuova Bretton Woods le Esportazioni vengono bilanciate con le Importazioni di concerto tra gli stati con appositi accordi bi-multilaterali e le ragioni di scambio vengono regolate con un “serpente monetario” che vede la svalutazione e la rivalutazione delle singole valute in ragione dei diversi tassi di inflazione. Un capitalismo nel quale i rapporti con il terzo mondo vengono regolati smantellando il neocolonialismo e finanziando “allo scoperto” un gigantesco piano Marshall con la Moneta “virtuale” creditizio-cartolare del nord per lo sviluppo graduale della base produttiva autonoma del sud.

Ciò che qui mi premeva chiarire era solo il vero funzionamento della economia. Quel funzionamento che è assolutamente travisato dalla cultura economica ufficiale e purtroppo è ancora egemone presso scienza, media e politici di tutto il mondo. Quel funzionamento che una volta compreso rivela gli esatti termini dello scontro politico e sociale tra la Rendita e i trust finanziarizzati, da una parte, e il mondo del lavoro, inteso come inclusivo di maestranze e imprese mercantili esterne rispetto ai trust, dall’altra, il che è la base imprescindibile per qualsivoglia indicazione politica dotata di un minimo di senso scientifico.

Dopo la caduta del muro di Berlino, venuto meno il pericolo “rosso” e constatato che il crollo delle idee rivoluzionarie ha travolto anche le idee riformiste anziché rinforzarle, la elite che controlla il “club” dei trust finanziarizzati ha nutrito la speranza di potere velocemente passare alla seconda fase del suo piano sinarchista: la distruzione delle socialdemocrazie occidentali attraverso la distruzione del welfare, che ne costituisce la necessaria base materiale. La posta in palio, infatti, è la ridefinizione della mappa distributiva del prodotto sociale attraverso la progressiva sostituzione di una crescente quota di Consumi popolari pubblici e privati con una minore quantità di spese faraoniche e militari espresse dalle elite sinarchiste e di Consumi di lusso espressi dal loro entourage, in un contesto dunque di degrado socioeconomico e di feudalizzazione crescenti. Poiché per ripristinare in forme nuove ed originali equilibri politici e deferenze sociali simili a quelli tipici del secolo XVII°, o perfino dell’VIII°, occorre distruggere tanta parte della ricchezza e della civiltà costruite negli ultimi tre secoli, prima realizzando quella che Darhendorf ha chiamato la “società dei due terzi” e poi quella descritta da molti autori di fantascienza e che io chiamerei la “società dei nove decimi”, mentre i tradizionali strumenti con cui storicamente si distrugge il tessuto sociale e il sistema delle solidarietà umane sono la guerra, la pandemia e la recessione indefinita, sta oggi ai dominati ed ai loro intellettuali organici difendere la democrazia formale impedendone l’uso diretto e/o il loro sfruttamento parassitario. www.nandoioppolo.org




SINTESI MINIMA DI CONTROINFORMAZIONE ECONOMICA




1)Sono i trust che, quando la Domanda sale, strozzano scientificamente l’Offerta per fare salire i prezzi quanto serve loro per lucrare il massimo profitto percentuale, quello stesso che persegue l’ingrosso agroalimentare quando distrugge periodicamente le derrate agricole “in eccesso” (dal suo punto di vista). Se non ce ne accorgiamo è solo perchè distruggere ciò che esiste già è molto più evidente di non produrre ciò che potrebbe essere prodotto e dunque può essere colto solo con l’occhio della mente. Nella stagflation questa volontarietà è perfino caricaturale, poiché l’aumento dei prezzi viene sì conseguito strozzando l’Offerta, ma questa volta più ancora di quanto la Domanda non stia calando di suo! Ne discende che l’inflazione e la stagflation si possono contrastare solo con il calmiere all’ingrosso e l’antitrust.

2)sottostimando ufficialmente l’inflazione di circa 3 punti percentuali l’anno si sono maggiorati retribuzioni, pensioni e stanziamenti pubblici nei limiti della più bassa inflazione “programmata” (2%), contraendoli in termini “reali” nel giro di 12 anni fino a dimezzarli e dimezzare insieme ad essi anche il PIL “reale”.

3)volere Esportare più di quanto si Importa significa Esportare negli altri paesi insieme ai propri beni e ai propri servizi anche tanta disoccupazione e tanti fallimenti quanti ne induce la mancata produzione nazionale che si pretende di soppiantare con le proprie Esportazioni. Non è dunque un vero “modello” e l’interscambio non può che essere fondato sul pareggio tendenziale dell’Import-Export. Non sarebbe comunque spendibile sui mercati internazionali una concorrenza “stracciona”, ovvero acquista sul solo fronte dei costi di produzione, poiché è invincibile la concorrenza “sleale” delle multinazionali delocalizzate in paesi del terzo mondo dove producono sottocosto risparmiando al massimo su retribuzioni, welfare, tutele anti-infortuni e ambientaliste per poi riesportare al nord il 95% della produzione così conseguita.

4)Per mantenere inalterata la competitività relativa delle imprese nazionali di aree valutarie a diverso tasso di inflazione basta svalutare la Moneta dell’area a più alta inflazione in misura pari al differenziale di inflazione rispetto alle altre aree.

5)quando sale il prezzo al mq del mattone o l’indice di borsa senza che siano parallelamente cresciuti la qualità degli immobili o la ricchezza “reale” che i titoli dovrebbero rappresentare non si verifica nessuna crescita della ricchezza comune, ma solo una inflazione speculativa dei cespiti immobiliari e/o mobiliari che consente ai loro detentori di comprare più beni e più lavoro di prima, in realtà senza pagare.

6)esiste il circuito della economia “reale”, chiamato “circolo Denaro-Merce-Denaro”, e il circuito finanziario, il così detto “circolo Denaro-Denaro”. Nel circolo D-M-D il denaro si trasforma in una quantità maggiore di denaro attraverso l’applicazione della intelligenza e della fatica umane alla trasformazione “fisica” della natura diretta alla produzione di “merci” da vendere con Profitto sul “mercato”. Nel circolo D-D, invece, il denaro si trasforma in una quantità maggiore di denaro senza alcuna contemporanea creazione di nuove “merci”, risolvendosi nella semplice redistribuzione della medesima ricchezza “reale” di prima, per giunta a svantaggio dei ceti produttivi (il Profitto e il Salario) e a vantaggio della Rendita, senza che quest’ultima abbia minimamente contribuito alla produzione capitalistica della ricchezza da distribuire.

7)statistiche alla mano, infatti, mentre i Risparmi medi sono circa il 20% del PIL, gli Investimenti produttivi necessari per produrre l’Offerta che soddisfa la Domanda interna restante al saldo dell’Export-Import (l’80% del PIL) sono di media appena il 3-5% del PIL! Il capitalismo, dunque, non soffre di nessuna “fame endemica” di Capitali, ma, semmai di un “sottoconsumo endemico” che va assolutamente compensato con una adeguata Domanda “esterna”, pena la impansione progressiva del capitalismo stesso, il che avviene da secoli con il finanziamento “allo scoperto” di tanta Domanda quanta ne vuole la elite “feudale” che detiene il monopolio della Moneta “virtuale” creditizio-cartolare, decidendo al di fuori di ogni controllo democratico l’espansione e la recessione come la loro stessa allocazione geografica: a)allargando o stringendo i cordoni del credito “allo scoperto”, b)“pompando” la bolla speculativa mobiliare e immobiliare, c)spendendo in proprio la infinita Moneta creditizio-cartolare che crea dal nulla a piacimento con il “moltiplicatore bancario” e con la “finanza creativa”; d)creando keynesianamente maggiore Reddito con il credito al Consumo e con il deficit-spending, in specie “collocando elettronicamente” i bot presso il sistema bancario (oggi, il 90-95% circa del totale), che, scambiati con Moneta creditizia “virtuale”, sono solo una partita fittizia. In una parola, con la Moneta “allo scoperto”! Così funziona la economia “di guerra”, si finanziarono gli alleati in Italia dal ’43 al ’48 con le AM-lires e funzionò il piano Marshall.

8)in buona sostanza, non viviamo affatto nel capitalismo, bensì in un modo di produzione misto di capitalismo, feudalesimo e pianificazione dove sono capitalistiche solo le maestranze e le imprese che non sono integrate nel “club” dei trust finanziarizzati. Queste ultime non soffrono nessun rischio d’impresa: sommano infatti al Profitto marxiano l’extraprofitto “feudale” da incetta oligopolista e le enormi Rendite feudali derivanti dalla Moneta creditizio-cartolare “allo scoperto” di cui ha il monopolio la elite che le controlla insieme alle più grosse banche e finanziarie del pianeta loro “sorelle” e che con questa Moneta pianifica la produzione e la distribuzione planetaria al di fuori di qualsiasi controllo democratico, controllando altresì quasi tutti i governi nazionali, scienza, media e forze politiche, opposizioni incluse.

E’ pertanto necessario chiamare tutti i ceti capitalistici alla unità nella lotta politica contro la Rendita feudale creditizio-finanziaria e i trust finanziarizzati per conseguire il controllo democratico della Moneta creditizia e cartolare. Serve infatti creare un grosso polo bancario pubblico (in Italia, le nostre 4 banche pubbliche) presso cui collocare elettronicamente i bot con cui finanziare “allo scoperto” tanta Domanda quanta ne serve per “chiudere” il circolo D-M-D. Occorre pure ripristinare i controlli valutari vigenti fino agli anni ’80 e consentire in borsa le sole operazioni “a pronti” vietando il credito alla speculazione per proteggere euro e borsa dalla speculazione, nonché consentire la svalutazione dell’euro in proporzione all’eventuale differenziale di inflazione che residuasse nonostante l’uso del calmiere all’ingrosso e l’anti-trust praticato dalle imprese pubbliche che vendono a calmiere per “rompere i cartelli”.

Prima di ogni cosa occorre dunque fare cultura intorno alla assoluta inconsistenza scientifica del Pensiero Unico e alle falsità su cui si sorregge, rivelando il vero funzionamento del modo di produzione capitalistico e come esso può essere altrimenti riformato democraticamente.

Fonte: www.nandoioppolo.org

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